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il mestiere dell'attore |
vietcong
Reg.: 13 Ott 2003 Messaggi: 4111 Da: roma (RM)
| Inviato: 13-01-2007 16:47 |
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Ogni volta che parlo di film con la gente, ma persino in un forum di cinema, noto che non tutti hanno l’ardire di lanciarsi in valutazioni sull’operato del regista, anche quando si ha un’idea abbastanza chiara sul valore del film (per non dire del montaggio. Una parolina sulla “bella fotografia” invece la si mette sempre volentieri).
E va bene, giustamente non tutti pensano di avere la competenza necessaria. Ma se c’è un aspetto su cui nessuno mai si tira mai indietro, quello è la recitazione. Questo fatto non ha mai mancato di stupirmi, dal momento che fin da piccolo il mio eroe è sempre stato il regista, e di una attore so dire solo se mi fa simpatia e se mi piace la sua faccia, figuriamoci se so dire se sia bravo o scarso. Insomma, semplicemente non ho criteri di giudizio a riguardo.
E si direbbe che non ne servano, a giudicare dall’assenza di difficoltà con cui il pubblico identifica la bravura o la cagneria dell’interprete di turno. Il metodo mi pare puramente istintivo, fondato su di un riconoscimento della “credibilità” dell’interprete, la misura della sospensione dell’incredulità che la sua mera presenza sullo schermo genera, stabilendo un patto di fiducia con il pubblico. Un po’ come quando alle recite parrocchiali si distingue immediatamente a naso l’attore imbarazzante da chi è appunto credibile. Ma il cinema è un’altra cosa…
Fra le poche indicazioni che circolano nel discorso comune sulla recitazione circola roba come “non è bravo perché fa sempre le stesse due espressioni” (come fosse una gara, e come se dovessi giudicare un chitarrista dal numero di accordi che sa fare). Insomma, nulla che orienti chi come me vorrebbe capirne un po’ di più.
Allora quello che mi chiedo è se la valutazione recitazione non possa fare riferimento a un linguaggio, essere articolata in un codice, una grammatica, come si fa con la regia, se non altro per capire come ci arriva l’interprete al traguardo di questa credibilità. Naturalmente la domanda è retorica: è ovvio che la recitazione non può che è un codice filmico che si sviluppa a fianco degli altri, basti pensare alle gestualità esasperati degli attori del cinema muto. Naturalmente nel caso della recitazione la questione è un po’ più subdola in quanto si può confondere lo stile di una determinata epoca o nazionalità o scuola con i differenti costumi delle persone reali, secondo una concezione banalmente mimetica.
Mi rendo conto di non aver detto quasi nulla, ma mi piacerebbe leggere un po’ di interventi, di qualsiasi tipo, su un aspetto fondamentale ma che non sembra suscitare grandi discorsi teorici. A partire magari dai criteri secondo cui voi valutate la prestazione dell’attore. Insomma aprire un topic teorico sul mestiere dell’attore come sul forum ce ne sono a iosa sul mestiere del regista (anche per questo vorrei che rimanesse in tutto cinema).
_________________ La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili |
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McMurphy
Reg.: 27 Dic 2002 Messaggi: 7223 Da: Verano Brianza (MI)
| Inviato: 13-01-2007 23:54 |
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L'attore lo vedo come un camaleonte.
Deve riuscire a mimetizzarsi e a fondersi nel film, lasciando spazio solo al personaggio senza lasciar mai scorgere l'attore.
GianMaria Volonte' mi dava questa sensazione. Riusciva a impersonare giudici, operai, saltimbanchi, uomini esagitati o riflessivi con la stessa efficacia.
Il fatto che poi era molto intransigente nella scelta dei film che interpretava era una cosa che apprezzavo molto. Il non scendere a patti con nessuno ma mantenere sempre un percorso artistico coerente.
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Bash84
Reg.: 28 Dic 2005 Messaggi: 446 Da: Ascoli Piceno (AP)
| Inviato: 14-01-2007 00:18 |
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Ci sono uno sproposito di testi e teorie sulla recitazione teatrale rispetto ai pochi riguardanti quella cinematografica. Questo perché si parte dal preconcetto che nel cinema non si debba seguire alcun criterio se non quello di immaginarsi personaggio ed agire nel modo più naturale possibile. Questo è il prerequisito essenziale se vuoi lavorare, e si vede subito nei prodotti televisivi o di scarsa qualità, quando manca. Ma ovviamente la naturalezza non è tutto, pensiamo a personaggi assolutamente (volontariamente) antinaturalistici o legati indissolubilmente ai loro stessi interpreti (in tanti film comici o d'azione, da Woody Allen a Bruce Willis)o agli stereotipi, o alle due espressioni di Eastwood (quella col cappello e quella senza)... cosa allora? Una macchietta può essere un grande attore come il migliore dei trasformisti? Per me sì, se si muove con coerenza valorizzando il contesto in cui opera, qualsiasi strada trovi per farlo, dimostra di essere all'altezza. Quando poi riesce a metterci anche un suo tocco stilistico potente e personale (certo, difficile da valutare) senza però uscire dal personaggio che il film richiede, allora è un artista. Un regista senza bravi attori è come un pittore con pennelli spelacchiati... ma il paragone non mi sembra corretto, forse un'attore è più una sorta di pennello magico.
_________________ Cosa puoi perdonare ad un essere perfetto? |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-01-2007 02:46 |
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Indubbiamente il pubblico si è sempre identificato nell'attore, per le sue caratteristiche fisiche (il bello la bella, il bono, bona) e di simpatia o antipatia. Sono nati amori, adolescenziali e anche non... In questo senso gli attori sono dei veri e propri miti, per il grande pubblico che non è magari portato, o interessato, a giudicare il lavoro di regia, e che dunque non si rende sempre conto che una bravo attore, o un pessino attore, tale è anche grazie al manico che lo dirige.
Tra i registi, del passato e del presente, vi sono scuole di pensiero contrapposte. Alcuni autori usano gli attori come strumenti del lavoro: meno fanno, e si fanno invece "manipolare", e meglio è. Altri invece contano molto sulla recitazione talentuosa, sulla fascino della star.
al volo, mi fermo.., è tardi, per magari riprendere e circostanziare meglio, citare alcuni registi delle due "fazioni".
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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alessio984
Reg.: 10 Mar 2004 Messaggi: 6302 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 14-01-2007 12:45 |
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quote: In data 2007-01-14 02:46, AlZayd scrive:
Tra i registi, del passato e del presente, vi sono scuole di pensiero contrapposte. Alcuni autori usano gli attori come strumenti del lavoro: meno fanno, e si fanno invece "manipolare", e meglio è. Altri invece contano molto sulla recitazione talentuosa, sulla fascino della star.
| Beh di sicuro Hitchcock appartiene alla prima fazione.
Io comunque ho da poco letto un libro L'OCCHIO DEL REGISTA, in cui 20 autori (tra cui von Trier, Woody Allen, Scorsese, i Coen, Godard, Kitano, Stone, Lynch...) vengono intervistati più o meno con le stesse domande e mi sono accorto che per più o meno tutti i registi la direzione degli attori ed una buona, conseguente interpretazione da essi fornita risulta essre una parte fondamentale nella riuscita del film ed a cui ognuno di loro si dedica in maniera dediziona e personale.
Quindi lo stesso approccio del regista nella direzione degli attori risulta essere variegato.
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Preferiremmo volare sulla luna piuttosto che dire le parole giuste quand'è tempo di dirle
[ Questo messaggio è stato modificato da: alessio984 il 14-01-2007 alle 12:47 ] |
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Marienbad
Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 14-01-2007 14:47 |
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Bello l'argomento.
Ovviamente se si vuole affrontare il discorso in maniera utile, è necessario tirar fuori Walter Benjamin e il suo L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica.
In una parte del secondo capitolo, Benjamin affronta proprio questo argomento e propone una teoria con la quale mi sono sempre trovata d'accordo. Egli sostiene che esiste una differenza sostanziale tra l'interpretazione dell'attore teatrale e quella dell'attore cinematografico e che questa differenza dipende strettamente dal filtro che, mentre è assente nella rappresentazione teatrale, è egemone in quella cinematografica.
Cosa viene a mancare dunque? Benjamin ci parla di aura (l'hic et nunc dell'attore insomma), più semplicemente manca il rapporto diretto con l'attore, l'attore perde la possibilità di modulare la sua interpretazione in base al pubblico che ha di fronte, di interagire davvero con lui.
Nel cinema, se da una parte l'attore recita per l'occhio di una macchina che deve restare invisibile ai suoi occhi, il fruitore dall'altra fa un test (che appunto nel teatro non è possibile fare): si immedesima con l'attore.
Questo è il punto fondamentale della questione. Per mantenere intatta la realtà cinematografica (alla quale per altro contribuiscono anche altri fattori, come ad esempio il luogo stesso adibito alla fruizione dei film: la sala buia), il fruitore deve compiere un distacco totale per poter vivere quella nuova realtà che appare sullo schermo, contrariamente all'atteggiamento che viene assunto durante lo spettacolo teatrale.
E' chiaro che al cinema l'interpretazione tende a funzionare di più se l'attore recita il meno possibile, la naturalezza è la chiave dell'interpretazione cinematografica; mentre a teatro la questione si ribalta.
Ma diciamolo, l'artisticità in un'opera cme quella teatrale, opera priva di linguaggio proprio, non può che consistere nella prova recitativa, nella retoricità di gesti e delle parole. Il cinema, che è un'arte completamente diversa, molto più complessa e provvista di un suo specifico linguaggio, accantona questo aspetto, ne fa un uso diverso e vive di altro.
Il cinema non delega la sua potenza al parlato (e quindi all'attore), ma vive della sua materia: l'immagine. Comunica con il montaggio e il micromontaggio. "L'attore a questo punto è solo un attrezzo"...
Al cinema si potrebbe portare un film con i manichini al posto degli attori, a teatro una rappresentazione simile sarebbe impensabile.
L'ho detto che il teatro è una merda?
Ecco.
Chiudo.
_________________ Inland Empire non l'ho visto e non mi piace |
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diggler
Reg.: 07 Gen 2007 Messaggi: 107 Da: Edenville (es)
| Inviato: 14-01-2007 15:28 |
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quote: In data 2007-01-14 14:47, Marienbad scrive:
L'ho detto che il teatro è una merda?
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essì, penso che il vero cinefilo, in questo senso, non possa che condividere.
bel post
_________________
- Visit De Venustate - |
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Marienbad
Reg.: 17 Set 2004 Messaggi: 15905 Da: Genova (GE)
| Inviato: 14-01-2007 15:41 |
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diggler
Reg.: 07 Gen 2007 Messaggi: 107 Da: Edenville (es)
| Inviato: 14-01-2007 15:58 |
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Non ci ho mai riflettuto molto a dire il vero, ma , più o meno banalmente, vedo l'interpretazione cinematografica come una sorta di contributo a una prestazione globale che il prodotto finale "film" vuole offrire. A differenza dell'interpretazione teatrale, che considero prestazione nonchè prodotto finale da giudicare nella sua singolarità.
Penso che l'interpretazione al cinema debba essere economica. Ossia concorrere, comunque come elemento unico e personale, alla buona riuscita della pellicola, essere più o meno corretta e armonica rispetto, in ordine crescente, alla caratterizzazione dei personaggi, alle loro interazioni, alla storia e al suo sviluppo, e al "discorso filmico" (passatemelo) che si vuole dire.
Un atto recitativo considerato banalmente brillante, teatrale, virtuoso, antinaturalistico può assolutamente non funzionare e perdere ogni valore se non coerente con l'intento registico, o prima ancora di scrittura. Voglio dire, se non è valorizzato da regia, montaggio e micromontaggio che ce ne facciamo?? Sarebbero due canali espressivi, uno al servizio dell'altro (nel linguaggio precipuo del cinema) che non collaborano, e il prodotto completo non funzionerebbe.
_________________
- Visit De Venustate -
[ Questo messaggio è stato modificato da: diggler il 14-01-2007 alle 16:06 ] |
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Ayrtonit ex "ayrtonit"
Reg.: 06 Giu 2004 Messaggi: 12883 Da: treviglio (BG)
| Inviato: 14-01-2007 16:02 |
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no dai marien, che in un film si possan metter manichini al posto degli attori è una provocazione troppo grossa.
condivido il tuo discorso, che poi è quello di benjamin, sulle differenze teatro\cinema, ma l attore conta. è vero come scrivi tu che il cinema non delega il suo ruolo alla parola, ma vive di immagini, ma un attore non è solo parola. anzi, la parola è la sceneggiatura, l attore fa molto più che parlare, almeno un bravo attore deve saperlo fare. e il regista conta su un attore proprio , secondo me, nelle sue capacità extra-vocali, conta su quella che volgarmente potremmo chiamare espressività.
perchè sennò hai voglia che un regista si ingegni in trovate tecniche e stilistiche sue proprie, se poi deve fare un primo piano su una faccia da merluzzo del tutto fuori luogo o inappropriata.
_________________ "In effetti la degenerazione non è mai divertente, bisogna saperla mantenere su livelli tollerabili.
Non è tanto una questione di civiltà, ma di intelligenza."
DEMONSETH |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-01-2007 16:12 |
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quote: In data 2007-01-14 12:45, alessio984 scrive:
quote: In data 2007-01-14 02:46, AlZayd scrive:
Tra i registi, del passato e del presente, vi sono scuole di pensiero contrapposte. Alcuni autori usano gli attori come strumenti del lavoro: meno fanno, e si fanno invece "manipolare", e meglio è. Altri invece contano molto sulla recitazione talentuosa, sulla fascino della star.
| Beh di sicuro Hitchcock appartiene alla prima fazione.
Io comunque ho da poco letto un libro L'OCCHIO DEL REGISTA, in cui 20 autori (tra cui von Trier, Woody Allen, Scorsese, i Coen, Godard, Kitano, Stone, Lynch...) vengono intervistati più o meno con le stesse domande e mi sono accorto che per più o meno tutti i registi la direzione degli attori ed una buona, conseguente interpretazione da essi fornita risulta essre una parte fondamentale nella riuscita del film ed a cui ognuno di loro si dedica in maniera dediziona e personale.
Quindi lo stesso approccio del regista nella direzione degli attori risulta essere variegato.
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Preferiremmo volare sulla luna piuttosto che dire le parole giuste quand'è tempo di dirle
[ Questo messaggio è stato modificato da: alessio984 il 14-01-2007 alle 12:47 ]
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Potremmo citare Robert Bresson, fautore di un cinema che fugge tutto ciò che sia teatr(o)ale. E su tale presupposto egli minimizza, piega alla sua idea di un cinema minimale, giansenista, tutto coeso intorno al dettaglio "immaginifico", dal quale traspare l'"insieme", il ruolo dell'attore. C'è poi tutta una scuola di registi, o alcune opere dei suddetti, in cui per scelta si scelgono attori non professionisti, in funzione di una maggiore spontaneità interpretativa; mi viene in mente il caso contemporaneo del messicano Carlos Reygadas, il quale, in una intervista rilasciata per Batalla en cielo, afferma, in una visione molto bressoniana:"A me interessa che sia il cinema, con la sua tecnica, a costruire il personaggio, e non viceversa".
Registi come Bunuel - quasi come Hitc - sono in una posizione intermedia. Luis credeva nel ruolo dell'interprete, sceglieva quasi sempre gli stessi, quelli che per temperamento si avvicinavano di più alla sua sceneggiatura, al suo mondo poetico, e lasciava loro piena libertà d'azione, creando così uno specifico, unico corpus filmico dove tutto conta e nessun elemento prende il sopravvento. Non ripeteva le scene quasi mai; se non era soddisfatto di un girato preferiva tagliare i dialoghi.
Ci sono poi i registi capaci di far recitare anche i morti. Tra i più encomiabili, direi Stanley Kubrick (unica eccezione le ammorbanti interpretazioni in EWS - concausa della mancata perfezione di detto film - della coppia Cruise/Kidman). Basti pensare che fu l'unico regista capace di far recitare in maniera decente, perfettamente funzionale al suo personaggio, perfino Marisa Berenson, portando a livelli metafisici l'intensa (sennen controllata) interpretazione di Ryan O Neal.
Come non ricordare infine un grande "sperimentatore", innovatore del moderno modus interpretativo, quel tristemente dimenticato John Cassavetes della macchina a mano, sorta di appendice elettrica del corpo/mente/viscere (poi arriva il Dogma e il Von Trier, con tutti i loro baraccumi, a rivendicare improbabili primogeniture...) e penso a Shadows, alle magnifiche inquadrature dei soggetti umani e di una N.Y al neon terribile e trasognata, con squarci di dolorosa luce diurna, a come "gioca", amoreggia, con il corpo/volto dell'atrice non protagonista, con la bellissima, "plastica" Lelia, "esotica" come Maggie Cheung nel recente Clean di Assayas. Altro autore molto sottovalutato e misconosciuto, perlomeno in Italia, grandissimo direttore di interpreti che lascia loro ampia libertà, intento a far emergere le loro specifiche e più spontanee caratteristiche, più che imporre un'idea "teatrale" della recitazione. Non si era mai visto così imponente, pur nell'approccio "minimale", quel di per se già grande attore che ha per nome Nick Nolte.
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 14-01-2007 alle 16:35 ] |
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diggler
Reg.: 07 Gen 2007 Messaggi: 107 Da: Edenville (es)
| Inviato: 14-01-2007 16:21 |
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quote: In data 2007-01-14 16:02, Ayrtonit scrive:
no dai marien, che in un film si possan metter manichini al posto degli attori è una provocazione troppo grossa.
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e che diresti di un film a cui togliamo anche i manichini? Ma non solo: anche la storia, le musiche, i suoni, il regista e la troupe? Questa sarebbe una bella provocazione eh
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- Visit De Venustate - |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-01-2007 16:23 |
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Teatro e cinema sono due mondi apparentemente somiglianti ed affatto distanti (come il cinema e la fotografia), anche sul fronte interpretativo. A me piacciono entrambi, pur essendo più attratto dalla cinOfilia. Bau!
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-01-2007 16:25 |
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quote: In data 2007-01-14 16:12, AlZayd scrive:
Carlos Reygadas, il quale, in una intervista rilasciata per Batalla en cielo...
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e.c. - Battalla en el cielo.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-01-2007 16:32 |
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quote: In data 2007-01-14 16:21, diggler scrive:
quote: In data 2007-01-14 16:02, Ayrtonit scrive:
no dai marien, che in un film si possan metter manichini al posto degli attori è una provocazione troppo grossa.
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e che diresti di un film a cui togliamo anche i manichini? Ma non solo: anche la storia, le musiche, i suoni, il regista e la troupe? Questa sarebbe una bella provocazione eh
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Esistono numerosi casi in cui le musiche da mo' che sono state tolte. Ed anche gli interpreti (vedi il già citato Bresson, se non sono manichini, poco ci manca.
Per Ayrtonit "perchè sennò hai voglia che un regista si ingegni in trovate tecniche e stilistiche sue proprie, se poi deve fare un primo piano su una faccia da merluzzo del tutto fuori luogo o inappropriata."
Dipende dal regista e da quali scelte tecniche e stilistiche. Tutto è possibile, dipende da come l'idea "provocatoria", o "eversiva" viene realizzata.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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